Sicilia: la terra del romanzo giallo
È il 1887 quando Emilio De Marchi pubblica Il cappello del prete, conquistandosi a pieno diritto il titolo di primo giallista siciliano. Il suo romanzo ha tutti gli ingredienti di base: un omicidio, un mistero e un colpevole, delineati dall’autore con la maestria e la sagacia che saranno per sempre associate a tutti i grandi scrittori di gialli e noir, suoi compatrioti, che lo seguiranno.
Per la prima detective story, tuttavia, occorre aspettare il 1936: con la pubblicazione di Qualcuno ha bussato alla porta di Ezio d’Errico, si apre ufficialmente un filone della letteratura italiana che resterà sempre tra i più amati, in patria e all’estero.
Da Sciascia a Camilleri, atmosfere inconfondibili
Ci sarebbero una piazza «silenziosa nel grigio dell’alba», un venditore di panelle, il bigliettaio che chiude lo sportello dell’autobus, due colpi squarciati, a lupara e un uomo vestito di scuro, che per un attimo rimane sospeso, «come tirato su per i capelli da una mano invisibile», all’origine del giallo siciliano contemporaneo. Stiamo parlando dell’inconfondibile incipit de Il giorno della civetta, il romanzo di Leonardo Sciascia che ha sicuramente riscosso più successo di pubblico.
Così scrive Salvatore Ferlita nel suo saggio Gialli e noir di Sicilia: è impossibile negare come Leonardo Sciascia abbia avuto, in qualità di apripista vero e proprio, l’arduo compito di convincere il grande pubblico dell’immensa dignità letteraria del romanzo poliziesco; e, con esso, il privilegio di impostare un mood che sarebbe rimasto alla base della produzione successiva, fino al Montalbano di Andrea Camilleri.
È naturale che gli scrittori di oggi e di domani vogliano rendervi omaggio: così, il giallo siciliano “di razza” non resta più l’unico esempio, e autori provenienti da ogni angolo d’Italia ambientano le proprie storie nell’affascinante, caldissima isola. Un gesto che suggella l’unione a doppio filo tra il giallo e la Sicilia, culla di un filone letterario ormai canonizzato e scolpito nella storia della letteratura mondiale.
Il mistero della morte apparente di Tomaso Nigris
È proprio nella cornice di un soleggiato borgo della Sicilia che Tomaso Nigris decide di dare vita a un giallo mozzafiato, che si colloca a pieno titolo nel filone del romanzo giallo siciliano.
Un piccolo evento, la morte di Rosetta, caduta rovinosamente dalle scale del liceo di Cianciamellotta, non è altro che il primo sassolino di una valanga. Da questo infatti concatenate tragedie rovinano la finta aurea di perfezione che circonda il piccolo borgo siciliano: c’è chi si ostina a ritenere che deve per forza trattarsi di uno sfortunato incidente e chi, invece, sospetta che possa essere stata uccisa. Un cannolo e qualche bicchiere di vino fanno da sfondo alle indagini di un maresciallo in pensione e un commissario americano, improvvisato insegnante d’inglese, entrambi senza un mandato ufficiale. Una storia d’amicizia, di pettegolezzi e di segreti inconfessabili.
Il mistero della morte apparente utilizza magistralmente tutti gli ingredienti tipici del filone: una morte misteriosa, la coltre pesante dell’omertà, il profumo della salsedine, il gusto per la buona cucina… e degli investigatori determinati a risolvere il caso, nonostante tutto cospiri per far gettare loro la spugna.
L’indagine del maresciallo Cacace e del commissario Basset ha ben poco di ufficiale, ma questo non ha importanza: i due amici non si daranno pace finché non avranno scoperto la verità, per quanto incredibile possa essere.
Un tributo a un grande filone letterario, che riesce a cogliere tutte le sfaccettature della regione che lo ha visto nascere, più di un secolo fa: una regione complicata, accogliente, crudele… e bellissima.