La Giornata Mondiale della Poesia si tiene ogni anno il 21 marzo, allo scoccare della primavera. Non c’è momento migliore del risveglio della natura, infatti, per risvegliare anche l’animo. Per la Giornata Mondiale della Poesia, Inicpit23 ha selezionato 5 raccolte di poesia contemporanea indipendente per te, alla scoperta di 5 voci liriche dal Novecento ai giorni nostri.
Ultimi versi (1938-1914) – Marina Cvetaeva
La poesia che emerge nel grigiore della quotidianità
Negli anni dell’emigrazione parigina, la produzione poetica di Marina Cvetaeva si assottiglia progressivamente. Le incombenze giornaliere, la miseria, i trasferimenti, l’isolamento, le tensioni familiari, l’impossibilità di pubblicare: tutto questo la spinge a dedicarsi alle traduzioni, unica possibile fonte di sostentamento.
La situazione precipita con il rientro in patria nel giugno 1939 fino al suicidio nel 1941. Il volume raccoglie, a ottant’anni dalla morte, le poesie dei mesi conclusivi dell’emigrazione francese e quelli dei due anni trascorsi in Unione Sovietica, con testo russo a fronte. I versi emergono come iceberg dal grigiore della quotidianità, risvegliati da eventi storici o da ultimi amori, cui si accompagna il senso di una fine imminente. Un apparato di note ricostruisce attraverso le voci dei contemporanei e di Cvetaeva stessa le vicende che fanno da sfondo al tragico epilogo della produzione della poetessa.
Ceneri di vita: morte e rinascita – Edna St. Vincent Millay
Una poesia disinibita e perfetta come antidoto al dolore del passato
Una voce poetica unica, quella di Edna St. Vincent Millay, capace di creare mosaici lirici raffinati, che attingono alla tradizione e alla poesia modernista. I versi, fluidi e ritmici, in cui il linguaggio si modella su variazioni naturalistiche, di rara bellezza, sorprendono per gli abissi dell’inconscio dove cerca Dio, le sue benedizioni, per essere preda di visioni mistiche, in cui l’universo svela il suo meraviglioso mistero, mentre lentamente risalgono alla superficie sentimenti pungenti come il dolore e la nostalgia del passato, l’abbandono e il lutto, celebrati da una poesia disinibita e perfetta, destinata a vivere oltre la caducità del tempo.
Cara catastrofe – Felicia Buonomo
La poesia che inscena il conflitto dell’esistenza
Uno sguardo feroce e ossessivo sul relitto di un’esistenza che si trascina e poi rivive. Cara catastrofe è il sorriso fragile di una sofferenza inconsapevolmente cullata, il simbolo di quella umanità che l’autrice tenta di restituire a se stessa. I testi di Felicia Buonomo legano le radici della poesia all’elemento essenziale della corporalità, ogni componimento può rappresentare la violenza del presente, o di un passato che ciclicamente torna a violentare o a confondere, o più semplicemente esprime fasi cicliche contrastanti. Versi che definiscono i tratti della fatiscenza, ma allo stesso tempo esercitano una funzione catartica e salvifica; in questa raccolta, la poesia sembra assumersi il compito di verbalizzare e rappresentare gli atti e le scene dell’inesauribile conflitto.
«Cara catastrofe, i testi voglio dirti che non importa. Che con la poesia non ci si perde. Che sarai compresa ma mai perdonata.»
L’alfabeto della sofferenza – Luca Pagliai
La poesia come gioco e terapia per recuperare se stessi
«Le parole sono sopravvissute – nell’animo di Luca – a tutto, al dolore, alla sofferenza, al male che lui stesso si infliggeva nei peggiori dei modi, e sono state pazienti, sono state fiduciose. Hanno capito che un giorno sarebbero potute, finalmente, spuntare fuori, che ci sarebbe stata per loro, e dunque per Luca, quell’occasione che per un seme è un raggio di sole e un terreno favorevole. Per lui sono state la fiducia, in se stesso e negli altri, e la convinzione di poter lasciare andare la presa di quell’ancora malefica che sempre più lo trascinava, lasciandosi finalmente pian piano risalire.»
Le mie tracce sul mondo – Nuccio Coriale
Le emozioni trasformate in versi
Avete mai pensato a quello che resterà di voi, dopo il vostro esistere sul pianeta terra? Io ci penso spesso, ma la mia non è paura di morire, io la chiamo voglia di vivere il più a lungo possibile, ma quanto non si sa. Scrivendo e raccogliendo le poesie per questo libro ho pensato proprio a quello che resterà di me su questa terra, non parlo di beni materiali o di azioni belle o brutte che ho fatto.
Parlo di emozioni, di sentimenti, di carezze che ho fatto a qualcuno. Di tutto questo nessuno mai pensa di lasciare testamento, quasi nessuno si ricorda di lasciare per iscritto un’emozione che ha provato, lasciare traccia della parte più profonda della sua umanità. Io della mia minuscola esistenza, voglio lasciare cadere sul mio cammino, piccole pietruzze vive, l’eco delle mie emozioni trasformate in versi, sperando che, se qualcuno domani mi cercasse saprà dove trovarmi. Vorrei essere per chi mi vuole bene, come la luce di una stella che dalla terra ancora se ne vede il barlume, in realtà spenta, chissà quanti milioni di anni fa.